RECENSIONI – MARE NOSTRUM

L'Espresso
"Oltre venti anni di ricerche nell'ambito della musica etnica del Mediterraneo e del Medio Oriente hanno reso Tito Rinesi una vera autorità in materia."

Audioreview
"E' un suono fascinoso e suggestivo, quello creato da Rinesi e dai suoi compagni d'avventura."

Worldmusic
"Il pentagramma mediterraneo del compositore polistrumentista (saz, piano, tastiere, bouzouki, voce), affermato autore di colonne sonore per cinema, teatro e televisione, si riempie di note suggestive e immaginifiche, di accostamenti timbrici inusati"

Suono
"Mare Nostrum è un avventura nuova, ma sintonizzata verso le tradizioni musicali del bacino mediterraneo, dell'India, e di altri paesi orientali."

Supereva
"E’ un sound che conquista: festival di colori e misteri, continua fonte di dubbio e di riflessioni sulla conoscenza e l’essenza dell’uomo."

L'isola che non c'era
"Se il clima del Mediterraneo è destinato a cambiare definitivamente questa è già la nostra musica."

Re Nudo
"Rinesi è riuscito a includere testi importanti su una musica che già da sola basterebbe a posizionare questo lavoro tra i migliori esempi di canzone orientale."

Wonderous Stories
"Dedicato al maestro Henri Thomasson, “Mare Nostrum” è un lavoro di ispirata world music mediterranea."

New Age & New Sounds - Novembre 2004 (intervista di Sergio d'Alesio)

Tito Rinesi: Mediterraneo, crocevia del mondo.

Il polistrumentista, compositore e ricercatore di musica etnica e popolare Tito Rinesi assembla nel progetto “Mare Nostrum” i profumi, i colori, le atmosfere e i suoni di un luogo meraviglioso, ideale punto d’incontro fra culture e ideologie differenti.

Lei compone con lo scopo di proporre una convivenza fra l'Oriente e l'Occidente, facendo confluire scale musicali, strutture ritmiche e melodie di tradizioni culturali eterogenee. Il progetto Mare Nostrum propone una visione poetica, che riavvicina il nord e il sud del pianeta. Cosa l'ha spinta ad avvicinarsi alla filosofia e alla musica new age?

"È un viaggio che parte da molto lontano. All'inizio degli anni Settanta suonavo con i Living Music, insieme a Umberto Santucci, Luigi Cinque, Pasquale Minieri e Francesco Giannattasio, un gruppo multimediale che miscelava il folk, il jazz, il rock e l'avanguardia con le filosofie orientali, sovrapponendo la chitarra e i flauti con le tabla e il sitar indiano, in una visione sonora etno-jazz. Sono un suonatore di strumenti a corde, ho iniziato con la chitarra acustica e poi ho studiato il bouzouki, il saz, il dulcimer, le tastiere, il pianoforte e l'elettronica. Il mio approccio alla new age è trasversale. Ho iniziato con lo yoga, avvicinandomi alle filosofie e alle religioni orientali mentre frequentavo l’Università “ la Sapienza” a Roma; qui ho studiato sia la storia della musica classica che lo studio delle religioni e delle filosofie dell'India e dell'Estremo Oriente. Questa scelta mi ha portato all'approfondimento del buddhismo, dell'induismo e dello zen, contemporaneamente alla ricerca psichedelica che la mia generazione stava vivendo."

Qual è il musicista che l'ha ispirata e influenzata maggiormente ?

"Oltre a Miles Davis e a Don Cherry, ammiravo molto l'Incredible String Band di Robin Williamson e Mike Heron. Era un gruppo formato da due uomini e due donne che vivevano in una comune agricola, un fenomeno tipico dell'epoca, miscelando il folk albionico con la liturgia classica vocale, il sitar, il flauto e i violini, rapportandosi a ogni cultura del pianeta. Credo che anche oggi sia un gruppo da riscoprire e rivalutare."

Ci può parlare dell'evoluzione della sua carriera di polistrumentista e compositore ?"

Se negli anni Sessanta e Settanta andavo molto a ricasco di quello che accadeva all'estero, esaltandomi all'ascolto di ogni nuova incisione dei Traffic, di Davis o dei Beatles, le esperienze musicali di ogni tipo che ho fatto nel corso di tutti questi anni credo che mi abbiano preparato ad intuire e a volte anche anticipare alcune nuove proiezioni della musica contemporanea. I brani di “Mare Nostrum” ad esempio, oltre ad esprimere le sonorità del mondo occidentale e del mondo orientale combinate fra loro, esplorano anche la possibilità d'interazione fra archi ed ottoni dell’orchestra classica con le radici e gli strumenti della cultura popolare. Oggi la musica vive delle contaminazioni fra il jazz, l'elettronica e la dance, ed è invece molto raro l’incontro fra la musica classica occidentale e quella classica tradizionale dei vari paesi del mondo".

Entrando nello specifico di “Mare Nostrum” ci può illustrare l’humus ispirativo del suo ultimo progetto ?

"Mare Nostrum”è il nome che gli antichi romani davano al Mediterraneo, il mare che rappresenta la grande casa comune di molte nazioni. È stata la culla per eccellenza delle grandi civiltà del passato, dall'Egitto alla Grecia. Essendo luogo di transito e di scambi commerciali, per secoli è stato teatro di grandi eventi storici e culturali. In questo periodo di grande divisione fra l'Islam e il Cristianesimo, potrebbe diventare il luogo d'incontro e pacificazione fra culture e religioni differenti. Il grande economista Joseph Stieglitz ha scritto che l'attuale società americana non ha alcuna consapevolezza di come vivono le società mediorientali. Mi ha molto colpito anche il pensiero dell'economista Jeremy Rifkin, quando afferma che il sistema economico ha profondi riflessi sulla vita del pianeta. A suo avviso il sogno americano sta franando, a tutto vantaggio della pacifica convivenza polirazziale del nuovo sogno europeo. In questa prospettiva Mare Nostrum propone un viaggio bivalente, all'interno della nostra coscienza sociale e all'esterno fra i colori, i profumi e i suoni dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Inoltre il CD vuole anche esprimere la necessità di rispettare l'ambiente naturale."

Al pari del ricercatore sonoro new age Paul Horn lei si considera una sorta di "esploratore" della musica ?

"Senz'altro, credo di esserlo sempre stato, ma da tanti anni riconosco con enorme rispetto l’influenza che ha su di me la ricerca interculturale di Ross Daly. È un musicista irlandese, che, dopo aver trascorso moltissimi anni in India, si è stabilito sull'isola di Creta, ed è diventato tra l'altro un polistrumentista molto apprezzato dagli stessi greci. Lui oggi rappresenta per me il fulcro e la sintesi dell’anima mediterranea. Per la mia musica è un punto di partenza e un punto di arrivo..."

Attualmente sta lavorando a nuovi progetti ?

"Oltre a Greece, sto cercando di ritagliarmi una pausa per una ricerca interattiva fra gli strumenti a corda e i fiati di Nicola Alesini. È un progetto che abbiamo troppo a lungo rimandato, a causa dei nostri impegni."

Ci può parlare di "Kalinikta", la track che abbiamo incluso nel sampler della nostra rivista ?

"Il brano riprende e dilata il concetto del mar Mediterraneo come luogo magico d'incontro fra culture differenti. Occorre immaginare la visione e il clima disteso del tramonto in una piccola isola greca, priva di smog, di rumori e di contaminazioni di alcun tipo. Una sorta di paradiso per lo spirito e la mente. Il brano nasce dall'interazione fra due chitarre sovraincìse, una con le corde di nylon, l'altra di metallo, che suonano in simbiosi con le vibrazioni del piccolo clarinetto di estrazione popolare di Nicola Alesini. Amo il suo modo di infondere vibrazioni vitali nei fiati. La sua è stata un'improvvisazione naturale, che in seguito è stata completamente ristrutturata in fase di editing e di remastering digitale. "Kalinikta" propone una melodia che cambia sempre; anche se apparentemente sembra molto semplice, in realtà è sempre nuova e si sviluppa attraverso una fioritura e una serie dì ramificazioni strumentali, dove le chitarre e il clarinetto si muovono nell’ambito disegnato da tastiere elettroniche e percussioni. In sintesi si tratta di uno stimolo a lasciarsi andare e a dimenticare i ritmi frenetici contemporanei."